Percorsi di Religiosità

Dopo tanti anni durante i quali l’illuminismo, il materialismo e, recentemente, il consumismo hanno imperato su tutto, solo alla fine del secondo Millennio ed all’avvicinarsi del Giubileo è rifiorita una religiosità profonda da tempo sopita che, scardinando le posizioni precedenti e gli illusori riferimenti, sta imponendo ovunque la sua legge; in effetti, il patrimonio culturale dell’area, alla quale l’Italia appartiene, è incentrato su valori radicati che prendono principalmente l’humus dalle religioni presenti e, in particolare per quanto riguarda la nostra nazione, dal Paganesimo e dal Cristianesimo, e danno origine al campo fitto delle tradizioni popolari. Un artista “mediterraneo quale Enzo Elefante vive intensamente questa realtà e non ne può prescindere; egli, che ha sempre subito l’incanto di ogni traccia del passato della sua terra, ricca di storia e di tradizioni, nella sua ricerca dell’intima essenza di ciò che è parte di noi riesce a recuperare frammenti dalla spiccata religiosità per lanciarsi liberamente in liriche evoluzioni. Le sue opere, quindi, prendono lo spunto quali elementi fondanti di un rinato misticismo dalle reliquie del passato (grossolane tele grezze di iuta e stoffe ornate tipiche dell’800, legni corrosi dal tempo, chiodi arrugginiti dalle forme ormai desuete, tutti componenti di tradizione e di cultura popolare) e dalle citazioni mitologiche, per offrire una nuova visione che proietti l’uomo verso il divino. In effetti, delle reliquie, presenti in tante sue opere, Enzo Elefante ha progressivamente preso coscienza e ne ha fatto il punto di partenza per questa mostra; e, se da un lato non mancano riferimenti all’età classica, con “Bacco e la baccante” e gli altri miti, ben più potente risulta il suo lavoro quando ad ispirarlo in chiave cristiana sono angeli, demoni e puttini, Vita- Morte-Amore, spiritualità e trascendenza. Elefante inserisce sempre una chiave per oltrepassare il visibile alla ricerca del trascendente insito in noi; sono elementi “reali” affioranti dal passato ad indicarci la via (l’aspersorio, un libricino dei morti, alcune chiavi antiche, la radice contorta di legno, ...), in contrapposizione ai “falsi reali”, perché illudono e deludono, quali la televisione ed il telefonino. Le opere bidimensionali si alternano a quelle tridimensionali quasi ad accogliere tutto il vi- sibile. Particolarmente significativa è quella composta da una tela rappresentante Cristo con le braccia aperte come se fosse inchiodato su una croce che manca, seguita da una vera croce di legno ed un cuscino soffice che reca tre chiodi anti- chi. Quindi, uso spregiudicato di tecniche pittoriche e scultoree e l’inserimento di frammenti – reliquie al fine di indicare un percorso che, non trascurando il fascino della tradizione popolare, porti a vivere la religiosità intensamente col cuore, senza alcun pregiudizio. Le opere descrivono sensazioni dinamicamente in evoluzione, ove gli elementi del ricordo si intersecano senza risaltare, ma sembrano essere fagocitati dal vorticoso incedere verso il futuro; il tutto si avvale, inoltre, di una vivace gestualità che riesce a sviluppare il concetto d’infinito e di distacco dalla materia, con esili connessioni fatte di movimenti liberatori ed invasioni cromatiche in un procedimento teso all’equilibrio spaziale di ogni concetto; è questa ricerca di un equilibrio estetico a permettere il recupero della memoria storica e la conver- genza verso una sintesi della realtà. Gli spazi vibrano in sospensione alla ricerca di sospensioni sconosciute ove l’espressività più genuina in un tessuto narrativo è filtrata dal proprio retaggio con l’armonia di risonanze e di tensioni, di struggenti malinconie e di motivi inquietanti.

di Carlo Roberto Sciascia

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Colloquio con Enzo Elefante